Recensione Halo Reach
Un gioco come Halo, non ha certo bisogno di presentazioni. Nato sulla prima Xbox all’alba del nuovo millennio, lo sparatutto Bungie ha saputo stravolgere e cambiare quello che era il concetto basilare degli FPS dell’epoca, nati sotto la stella di Wolfenstein e Doom (e successivamente Quake e Half-life).
L’incredibile sensazione ‘di esserci’ davvero, in un contesto fantascientifico realizzato con dovizia di particolari e con una vera e propria mitologia alle spalle, unita alla capacità di far appassionare il videogiocatore grazie ad un sistema di controllo intuitivo ed immediato (senza dimenticare il comparto multiplayer), lanciarono Halo nell’olimpo dei titoli destinati nel bene e nel male a cambiare le sorti dell’universo videoludico, tant’è che ancora oggi decine di prodotti dimostrano più o meno velatamente di ispirarsi al capostipite targato Bungie.
Oggi, però, siamo alla fine di un’epoca,: Halo. Reach si propone difatti come l’epilogo della saga di Halo, narrando gli avvenimenti precedenti alla trilogia originale che vedeva protagonista Master Chief. Siete pronti a venire a conoscenza di come tutto è cominciato?
La vendetta dei Covenant
La narrazione prende il via facendoci fare la conoscenza di un team di sei soldati Spartan, conosciuto come “Noble Team”. Il giocatore, nei panni di un elemento del gruppo conosciuto come Noble 6, viene inviato sul pianeta Reach assieme ad altri cinque componenti del team, ossia il Comandante Carter-A259 (chiamato anche “Noble one”), il leader della squadra; Catherine-B320 (chiamata “Kat” o “Noble two”), Jorge-052 (armato con una potente mitragliatrice), Emile-A239, (solitario e specialista in armi d’assalto) e Jun-A266 (il cecchino del gruppo).
La squadra viene successivamente spedita in una zona sperduta di Reach per indagare su cosa sia successo agli operatori di una stazione radar, spariti in circostanza misteriose. Ben presto, i sei Spartan scopriranno che il pianeta è stato invaso da una temibile razza aliena conosciuta come Covenant. Sarà l’inizio di una guerra lunga e sanguinosa.
Halo: Reach è esattamente ciò che ci si aspetterebbe da Halo, ovvero battaglie in campo aperto, esplorazione di corridoi e stanzoni, battaglie aeree e a terra a bordo dei mezzi più disparati. Ed anche il sistema di controllo non ha ricevuto stravolgimenti rispetto al precedente capitolo della serie, al di fuori dell’inclusione di abilità speciali attivabili una volta raccolto un apposito power-up sul campo: troviamo infatti la corsa, il Jetpack (questi, in particolare, il potenziamento più divertente ed utile), il blocco armatura (in grado di renderci invulnerabili agli attacchi del nemico per un breve lasso di tempo) ed il generatore di ologrammi (grazie al quale creeremo dal nulla un nostro ‘doppione’, in grado di ingannare gli avversari) oltre ovviamente alla presenza di nuove armi, tra cui il DMR a colpo singolo ed alcuni nuovi fucili al plasma.
Ma, dopotutto, Halo: Reach non ha davvero nulla di realmente innovativo. Anche i livelli a bordo di un caccia interstellare, che si lasceranno giocare come il più classico deglio shoot ‘em up spaziali, sono solo un timido accenno a voler cambiare le sorti di un gameplay ben chiaro agli occhi di tutti.
Infine, tra le cose atte a far storce il naso, troviamo anche il fatto che il giocatore sarà chiamato a vestire i panni di uno Spartan qualsiasi, invece della possibilità di impersonare uno dei ‘veri’ componenti del Noble Team, magari potendo usare le caratteristiche peculiari di ognuno di loro (quindi con la possibilità di affrontare il gioco usando le diverse caratteristiche personali ed armamentario annesso).
The beginning
Ma, nonostante queste lacune, Halo: Reach si lascia giocare che è un piacere, grazie anche al comparto grafico riveduto e corretto rispetto al precedente Halo 3, ed alla colonna sonora di Martin O’Donnell, sempre puntuale a scandire con precisione ogni momento epico e drammatico dell’avventura.
Difatti, gli ambienti di gioco (alcuni più ispirati, altri meno) sono realmente enormi, con texture di buona qualità e ottimi effetti generali (sia per quanto riguarda le esplosioni che per quanto concerne la resa dei protagonisti). Spiace ad ogni modo constatare dei piccoli cali di frame rate nelle situazioni più concitate, sebbene sia ordinaria amministrazione per un comparto tecnico tutto sommato massiccio e ben costruito.
Ma come sempre accade in questi casi, il fiore all’occhiello della produzione Bungie è poco sorprendentemente il comparto multiplayer: Halo: Reach offre infatti le modalità Assalto, CLB, Cacciatore di Teste, Corsa, Infezione, Invasione, Juggernaut, Massacro, Re della Collina, Scorta, Territori e Teschio, alcune delle quali suddivise a sua volta in due/tre varianti. La parte multi giocatore sarà quindi davvero capace di crearvi dipendenza, sia che siate dotati di un abbonamento LIVE Gold, sia che abbiate un nutrito gruppo di amici con cui beneficiarne.
Finish the fight
Concludendo, Halo: Reach risulta essere il degno epilogo di una saga nata oramai 10 anni fa, capace da sola di riscrivere le sorti del videogioco in soggettiva. Forse si potrebbe criticare una certa mancanza di coraggio, unita al fatto che si tratta sempre del ‘solito Halo’, ma è anche vero che il titolo Bungie è uno di quei giochi capaci di catturare dall’inizio alla fine senza un attimo di tregua, proseguendo poi con un comparto multiplayer pressoché infinito. Fatelo vostro senza remore, quindi, se avete sempre desiderato conoscere le origini del mito.
Pagella
Grafica 8.0
Sonoro: 9.0
Giocabilità: 8.5
Longevità: 7.5
Globale: 8.0